Però non posso negare che in un certo senso « mi sento meglio», e subito provo una sorta di vergogna, e l'impressione di avere per così dire l'obbligo di proteggere, coltivare e prolungare la mia infelicità. L'avevo letto nei libri, ma non avrei mai immaginato di sperimentarlo di persona. Sono sicuro che H. non approverebbe. Mi direbbe di non fare lo stupido. E lo stesso, ne sono convinto, farebbe Dio. Che cosa c'è dietro?
[...]
Credo che ci sia anche una confusione. In realtà noi non vogliamo il prolungarsi dello strazio iniziale: chi lo vorrebbe? Vogliamo un'altra cosa, di cui il dolore è un sintomo frequente, e poi scambiamo il sintomo per la cosa. L'altra sera ho scritto che la perdita della persona amata non è il troncamento dell'amore coniugale, bensì una delle sue fasi normali, come la luna di miele. Quello che vogliamo è vivere bene e fedelmente il nostro matrimonio anche in questa fase. Se fa male (come è inevitabile), accettiamo la sofferenza come sua parte necessaria. Non vogliamo sfuggirvi, se il prezzo è l'abbandono o il divorzio. Uccidendo il morto un'altra volta. Noi eravamo una carne sola. Ora che è stata tagliata in due, non vogliamo far finta che sia una e integra. Saremo sempre sposati, sempre innamorati. E perciò continueremo a sentir male. Ma questo male - se sappiamo capire noi stessi - non lo cerchiamo apposta. Meno lo sentiamo, meglio è, purché il matrimonio resti intatto. E se gioia può esserci nel matrimonio tra morto e vivente, tanto di guadagnato.
O LUTO RAZOÁVEL. QUE DEIXA A MORTALHA E ASCENDE AO DEGRAU DA FIDELIDADE - COMO A QUER SPONVILLE. CONSOLIDANDO OS ARQUIVOS, PARA QUE O STATUS QUO EM VIDA NÃO SOFRA AS AVARIAS DAS REVISITAÇÕES INAUDITA ALTERA PARTE.
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CI SIAMO QUATTRO. E LEGGIAMO ASSOLUTAMENTE TUTTO. DOPO TRE O QUATTRO MESI. E CINQUE O SEI BICCHIERI. DI VELENO.